La prima sessione sara' un colloquio, per guardare, ascoltare, "sentire" la persona, badando a come entra, come si siede, come gesticola, quali parole sceglie e a cosa fanno riferimento.
Per esempio se la persona parlando spesso dice "vedo, ho visto, guardavo a" è chiaro che questa persona ha una grande componente visiva per cui sarà utile rispondere utilizzando quel canale per portarla alle sue esperienze corporee: "come vedi la tua forma fisica, come vedi le tue gambe stanche, la tua schiena dolente….."
Se usa il canale cinestesico, per cui usa molto la descrizione di sensazioni interne sia fisiche che emozionali "mi sentivo frantumare, cadere a pezzi, con un peso sulle spalle…le gambe che mi cedono,..soffocare…"
Le risposte richiameranno l'attenzione con questo linguaggio. Possono essere usate "metafore" che richiamino il linguaggio del "sentire".Esempio: come quando senti…..
L'uditivo è un altro dei canali preferenziale di alcune persone:…sento una voce che mi dice….sentivo le parole di mia madre….sento l'ordine partire da dentro…..
In questo caso è utile chiedere "chi nel passato era solito dire….." E' spesso chiaro un riferimento a qualche figura parentale importante e determinante nella formazione della "corazza caratteriale".
Inoltre chiacchierando, come per caso, chiederai se ha avuto malattie particolari, operazioni chirurgiche, cure cortisoniche, malattie croniche, esperienze ospedaliere in generale. Ricoveri psichiatrici….
Qualora si presentino persone con ricoveri psichiatrici, indagate quando e per quanto tempo e se hanno preso o prendono psicofarmaci… Con queste persone il lavoro deve essere affiancato da un terapista di sua o vostra fiducia.
Il lavoro sul corpo non deve essere per un lungo tempo, profondo e, comunque e sempre le sedute hanno la necessità di essere elaborate …..
Consiglio di non assumere la responsabilità di casi "borderline" (persone con tratti psicotici gravi, spesso con esperienze di ricoveri, persone che prendono o hanno preso per lungo tempo psicofarmaci), se non dopo qualche anno di esperienza di lavoro e comunque è sempre meglio che ci sia un terapista che affianca il lavoro sul corpo.
Chiedere alla persona come si vede, quali parti del proprio corpo apprezza ed ama, e quali no e per quale ragione.
Dopo aver ascoltato i giudizi e le credenze che emergono dalle chiacchiere, chiedere su cosa intende lavorare attraverso il corpo raccontando un po' come le parti del corpo sono rappresentative di atteggiamenti classici nella vita:
-gambe rigide…paura di muoversi, andare. Paura di cadere, di non reggersi sulle proprie gambe.
–schiena dolente se non dolorosa: paura di essere sballottato, paura di non farcela da solo. Qualche problema di dipendenza o anti-dipendenza.
-spalle dolenti: un gran peso sulle spalle. Responsabilità che pesano, tendenza a sentirsi "responsabili del mondo.."
– collo dolente: paura di perdere il controllo (collo-controllo…)
Quando parli del collegamento corpo-atteggiamenti nella vita sii "generale", come se fosse solo una griglia di lettura come un'altra, anzi, un'ipotesi di osservazione e lettura.
Attenzione a non "inquadrare" "giudicare" "sentenziare"……
Il mondo dentro e fuori di noi trabocca di giudizi, il nostro compito non è di aggiungere giudizi a giudizi, semmai di osservarli e permettere che "cadano" da soli come oramai inutili
E' facile all'inizio essere "giudici", credere d'aver inquadrato la persona in questo o quel modello. Per fortuna siamo tutti un bel mix di tipologie.
Inoltre la vera natura di una persona è sotto a tutto quello che emerge ed è sempre una bella luce splendente,spesso coperta da strati di "credenze, convinzioni limitanti" prese in prestito da un'educazione castrantrice di risorse e creatività.
Quindi, essere molto attenti a non tirare conclusioni sentenzianti, ma tendere a porsi nel dialogo in modo che sia la persona a tirare le conclusioni, se vuole davvero arrivare a cambiare storia, e se non vuole vedere, sentire, udire, va bene lo stesso.
Non abbiamo il compito di cambiare le persone , ma creare lo spazio fisico e mentale perchè il cambiamento possa accadere.
Il nostro compito è aiutare le persone a darsi nuovi permessi, guardare a se stessi con amore e compassione, ritrovare la voglia e la gioia di vivere, una rinnovata "motivazione".
Quando leggerai il corpo, osserva ed evidenzia sempre la differenza tra contrazione ed espansione.
Ogni corpo ha una parte più aperta dell'altra.
Il permesso è già li, è magari piccolo…..chiedi aiuto per ampliarlo…..
Osserva e fai osservare il respiro………dove arriva, come è frenato…,
Osserva le eventuali rotazioni, a dx o sx….dove vuoi andare?…..
La lista è lunga, l'approfondiremo insieme…….
Per quanto riguarda "l'affondamento", non va mai usata la forza fisica.
Il segreto dell'affondare sta nell'usare il peso del corpo in modo calibrato.
Per questo anche una persona minuta puo essere un'ottima rebalancer: dieci, venti, trenta chili sono già un bel peso sul corpo!
Ne servono molto meno, forse una decina di chiligrammi sono già tanti.
E' la capacità di stare sul punto in maniera costante, in ascolto, lasciandoci prendere dentro dal cedimento della resistenza
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La vera "difficoltà" è, trovato il punto maggiore di resistenza, fermarsi li così da "avvisare" la persona che quello è il punto e "chiedere" (senza parole, solo con la pressione) cosa ne vuole fare del dolore che sente…..continuare a resistere o espirando lasciare andare l'abitudine a "tener duro"….
Un' attesa di minimo tre lenti respiri profondi, quanto meno di chi opera, è già un buon tempo di attenzione….
Dico che questa è la difficoltà maggiore perchè anche per noi stessi è doloroso "vedere, sentire" il dolore provocato dal nostro resistere. Non è solo un dolore fisico, è qualcosa di molto profondo, una scelta di "vita", per questo c'è la resistenza….il dolore fisico e psichico.